lunedì 30 settembre 2013

Simboli e stati di coscienza allargata


Questa è una poesia di Eduardo Hughes Galeano, poeta, scrittore e saggista uruguaiano, le sue parole disegnano il territorio che proveremo a raccontare:

“Finestra sull’arrivo”
Da “Las Palabras Andantes” di Eduardo Galeano

Il figlio di Pilar e Daniel Weinberg fu battezzato sul lungomare;
durante il Battesimo gli mostrarono ciò che è sacro.
Ricevette in dono una lumaca: 
“Perché così impari ad amare l’acqua.”
Aprirono la gabbia di un uccello prigioniero: 
”Perché così impari ad amare l’aria.”
Gli diedero un fiore di geranio: 
“Perché così impari ad amare la terra.”
E gli diedero anche una bottiglietta chiusa: 
“Non aprirla mai, mai. Perché così impari ad amare il mistero.”

I simboli hanno una natura e un ritmo puro non toccato dalle tecnologie né dal dispiegarsi della nostra storia personale, ma espresso in un linguaggio che trascende lo spazio e il tempo. 

La loro esplorazione ci obbliga a immergerci nel profondo del nostro essere senza farci distrarre dalla dimensione della natura esteriore che è intrecciata al concetto di tempo e quindi per sua natura impermanente.
L'ampliarsi della coscienza ci permette l'accesso a simboli che evidentemente appartengono ad ogni tempo e ad ogni uomo rendendo manifesto che nell'essenza della nostra natura noi tutti siamo uno. 
Nella tradizione della mistica islamica la condizione di individualità è considerata una caduta nella materia, una condizione negativa quindi che nasce da un limite. Le strade che permettono all'umanità di riconoscere l'unicità della fonte sono tante quanti gli individui e l'assetto necessario per percorrere questa strada di consapevolezza non è l'intelligenza, che è considerata limitata tanto quanto l'individualità, ma è la presenza. 
Tale presenza nel qui ed ora rappresenta una testimonianza neutra rispetto a ciò che emerge; tanto più la mente individuale arretra sullo sfondo, tanto più è possibile accedere al territorio senza tempo della dimensione spirituale e delle immagini che la raccontano. 
La natura di tali immagini interne, nelle culture tradizionali, veniva considerata l'espressione della corrente di energia che stimola nel corpo la condizione di salute o la condizione di malattia. 
I simboli che emergevano in quei contesti culturali non avevano necessità di essere letti in relazione alla storia personale, ma avevano per loro natura un significato condiviso dalla comunità che conteneva indicazioni facilmente comprensibili da tutti. 
Questo è particolarmente importante perché, in realtà, è quello che accadeva nei tempi più remoti ed è quello che accade tuttora, nel momento in cui l'accesso al mondo delle immagini interne permette l'ingresso in un territorio vasto e universale che trascende l'esperienza individuale e la storia personale. 
Tale nuovo punto di vista allarga la percezione della propria coscienza individuale, relativizza il punto di vista precedente e libera energie di pensiero e di elaborazione estremamente nutrienti. 
La vastità del territorio che si inizia ad esplorare in quel momento, modifica radicalmente il senso di ciò che siamo, il senso della nostra storia personale, il senso della nostra relazione con il mondo che abitiamo. I simboli con cui entriamo in contatto nei momenti di ascolto profondo ci introducono in un territorio di cui non abbiamo una mappa certa. In questo vasto mondo siamo solo ricercatori, ed è una condizione gradevole. Il tesoro custodito nel silenzio della mente ordinaria è talmente potente che, nel lontano passato, i sacerdoti-guaritori dei templi greci e babilonesi spesso esercitavano i loro poteri usando unicamente i simboli. L’emergere dei simboli è considerato terapeutico di per sé: cosa si faceva, allora?
I pazienti venivano fatti entrare in luoghi specifici - paragonabili concettualmente ai nostri ospedali - nei quali le interferenze ambientali venivano lasciate all’esterno, fuori dalle porte del tempio.
Quindi, si creava l’accesso ad una condizione ambientale di pace e di silenzio: non c’erano distrazioni.

L’ambiente stesso induceva un ascolto profondo, uno sguardo rivolto non al proprio ombelico ma al senso del proprio essere. 
Così nascevano interrogativi: “Chi sono? Qual è il mio compito? Come ha potuto la malattia interrompere il mio cammino evolutivo?”

L’ingresso nel tempio creava una sospensione, una cesura nel cammino ordinario dei giorni e in questo stato allargato di coscienza - non alterato, allargato - spesso venivano in soccorso ai pazienti immagini e simboli che altre volte emergevano solo durante il sonno o durante le preveggenze, negli stati di visione, di meditazione, di preghiera e simili.

Le religioni avevano molti modi in cui facilitare l’accesso a questo mondo interiore e le immagini venivano condivise ed erano considerate curative di per sé, non c’era bisogno di un individuo che aiutasse ulteriormente la persona a “capire” ciò che stava vedendo.

Nelle culture tradizionali, il mondo dei simboli è sempre condiviso, i simboli che  appartengono a un popolo appartengono globalmente alla sua cultura e ad ogni essere umano.
Le civiltà antiche sapevano tutto questo e le culture tradizionali conservano questa conoscenza. 

I simboli più forti, più potenti e più arcaici hanno “resistito” anche alle nostre tecnologie, anche alle città alienanti e sovraffollate.
Elementi della natura, come lo sono la Terra, l’Acqua, gli Alberi, gli Animali,  emergono come simboli a prescindere da quello che noi abbiamo sperimentato nella nostra esistenza ordinaria.
Nelle nostre città abbiamo pochissime occasioni di entrare in contatto con la forza reale, archetipica, degli elementi nella loro dimensione “non domestica”: noi conosciamo una natura addomesticata, foreste addomesticate, perché le foreste vere non ci sono quasi più.
Conosciamo alberi che se ne stanno tranquilli nello spazio che viene loro assegnato, nelle aiuole dei nostri parchi, e, nonostante questo, quando in una meditazione o nelle varie occasioni in cui ci troviamo a confrontarci con l’Albero nella sua dimensione più autentica ed essenziale, allora il contatto con la forza di questo simbolo è enorme, ci trasforma, ha un effetto catalizzatore potentissimo sulle nostre vite, ci conduce ad un “salto evolutivo”.

Divenire consapevoli del fatto che viviamo un mondo interno molto più grande e sacro di quello che siamo abituati a padroneggiare è un’esperienza travolgente e colma di significato.

L’accesso alla profondità del nostro mondo interno rende “sacro” ogni gesto della vita e, se riusciamo a ricordare  questo, ogni momento della nostra vita, ogni incontro della nostra vita verrà filtrato attraverso questo concetto.

E’ bello pensare che questa consapevolezza possa trasformare la nostra vita individuale e forse anche quella collettiva rendendole sicuramente più ricche e forse anche più felici.

1 commento:

  1. https://www.youtube.com/watch?v=Ji6r_T6W_fI desidero condividere questo video che non a caso é diventato virale.
    ...a proposito di mondo interno e di sacralità di ogni gesto. Uno spazio quotidiano, un momento quotidiano e una situazione quotidiana possono diventare l'occasione per accedere a una dimensione che trascende spazio, momento, situazione... e che ci connette ad altre voci e ad altre canzoni di un tempo che il nostro cuore, la nostra anima non hanno dimenticato. Patrick

    RispondiElimina

Printfriendly